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Grave fraintendimento sulla nuova rete iliad a Venezia. Accolto ricorso contro il Comune

Il Consiglio di Stato si è espresso sul ricorso di Iliad contro il Comune di Venezia, che aveva rigettato una domanda per l’autorizzazione all’installazione di una stazione radio base. Questa volta, il ricorso è stato accolto, poiché la precedente sentenza del TAR risultava viziata da un “grave fraintendimento”.

La società aveva presentato la domanda di autorizzazione al Comune di Venezia per una stazione radio base in regime di co-sitting su un’infrastruttura già esistente. L’istanza era però stata respinta poiché il comune aveva rilevato che l’impianto ricadeva nell’area classificata come “parchi pubblici urbani e territoriali”, che costituirebbe un sito sensibile.

L’area apparteneva dunque a una lista di siti sensibili (composta anche da scuole, ospedali e case di cura) in cui, ai sensi dell’articolo 50 del Regolamento edilizio comunale, non potevano essere installati impianti di telefonia.

Fino all’udienza pubblicata oggi, 3 Giugno 2019, Iliad aveva visto respingere il suo ricorso dal TAR sulla base di diverse motivazioni. Il giudizio del Tribunale Amministrativo è stato adesso totalmente ribaltato.

Secondo Iliad, il Comune avrebbe impedito la realizzazione di un impianto in un’infrastruttura preesistente, senza considerare la mancanza di luoghi alternativi utilizzabili per completare l’infrastruttura. Per il nuovo operatore, dunque, il fulcro del ricorso non sta nel diritto del Comune di regolare l’ubicazione degli impianti, ma nella scarsa possibilità che il nuovo entrante aveva di costruire una sua rete in quella determinata zona.

Come già lamentato in passato da Benedetto Levi, infatti, il rischio per un nuovo entrante come Iliad potrebbe essere quello di non trovare spazio sufficiente a causa delle normative regionali o comunali.

Il Consiglio di Stato ha valutato illegittimo il provvedimento del Comune di Venezia, in quanto è diritto dei Comuni adottare un regolamento per minimizzare l’esposizione ai campi elettromagnetici, però, come affermava Iliad, occorre che i criteri di localizzazione non si trasformino in limiti alla localizzazione.

In altri termini, il Comune non avrebbe dovuto imporre limiti generalizzati all’installazione degli impianti, senza fornire un’alternativa. Dunque, il Consiglio di Stato ha reputato illegittimi i provvedimenti impugnati, in quanto hanno opposto un diniego alla domanda di Iliad senza considerare l’assenza di luoghi alternativi.

Ma come sopra accennato, il TAR aveva inizialmente accolto il ricorso, motivando che l’impossibilità di installare un ripetitore in altre aree del territorio fosse smentita dalla mappa di copertura di rete sul sito di Iliad, che presenta una buona copertura in 4G per l’area in questione.

Di seguito, l’elemento decisivo nel giudizio del TAR, prima dell’odierna sentenza del Consiglio di Stato:

“Le deduzioni della ricorrente circa l’impossibilità di installare un ripetitore in altre aree del territorio comunale per dotare l’siola del Lido della copertura telefonica e cellulare necessaria appaiono, anzi, smentite dalle indicazioni contenute nel sito web della società di telecomunicazioni, alla sezione coperturà di rete, ove si legge che l’area di cui trattasi è coperta dalla rete cellulare 4G e gode, dunque, di una buona copertura”.

Chiaramente, la motivazione della precedente sentenza, come anche affermato da quella odierna, era “frutto di un grave fraintendimento”.

Come noto, infatti, nella mappa di Iliad figurano i luoghi coperti per mezzo degli accordi con Wind Tre; l’azienda, però, ha spesso espresso la volontà di voler ricercare una maggiore dipendenza dall’operatore congiunto. Di fatto, dunque, l’iniziativa imprenditoriale di Iliad per la realizzazione della sua rete proprietaria era stata confusa con la semplice esigenza di copertura della popolazione.

Ma non è tutto: la sentenza del TAR che aveva confuso la ragione stessa del ricorso non avrebbe nemmeno rilevato la violazione di legge o l’eccesso di potere da parte dell’Amministrazione comunale.

La valutazione del Consiglio di Stato pone l’accento sulle direttive fornite dalla Regione Veneto ai Comuni, in cui si specificava che la necessità di garantire un’adeguata gestione del servizio di telefonia, in quanto servizio di pubblica utilità, non poteva essere trascurata. Per una tutela dal punto di vista urbanistico-edilizio, inoltre, ove possibile, i comuni avrebbero dovuto indirizzare i gestori a localizzare le installazioni in zone già interessate dalla presenza di impianti tecnologici preesistenti.

Si tratta, per l’appunto, della proposta di Iliad: il Comune di Venezia non avrebbe colto che la richiesta era in linea con i principi diffusi dalla Regione, in quanto l’azienda aveva intenzione di posizionare le sue antenne in una postazione già esistente.

Riassumendo, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di Iliad così motivandolo:

“Nel caso in esame, a tenore dei provvedimenti impugnati, il comune non ha verificato se sussita o meno una soluzione alternativa alla proposta ubicazione dell’impianto. I provvedimenti impugnati in primo grado devono ritenersi altresì viziati sotto il profilo della mancata istruttoria e motivazione circa la sussistenza di siti alternativi”.

Il Comune di Venezia è stato inoltre condannato a rifondere a Iliad Italia le spese del doppio grado di giudizio, pari a 2000 euro ciascuno.

Nel ricorso, Iliad ha voluto porre l’attenzione su come gli operatori già presenti nel mercato possano beneficiare in alcuni casi di vere e proprie barriere fisiche e regolamentari, che non permetto ai nuovi entranti di competere ad armi pari per offrire un servizio concorrenziale a vantaggio di tutti i consumatori.

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