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TIM al Senato: puntare sulle reti tramite coinvestimento, il wholesale only è un modello residuale

Il ciclo di audizioni alla Commissione Politiche dell’Unione Europea del Senato, per discutere sul ddl n. 1721 e sul codice delle comunicazioni elettroniche, si è concluso con l’intervento di TIM, rappresentata da Giovanni Moglia, Chief Regulatory Officer.

TIM ha richiamato la necessità di continuare a investire anche in ottica 5G una volta superata l’epidemia di Coronavirus, senza tutte le incertezze che potrebbero aggiungersi successivamente nel quadro regolatorio del Governo.

Lo scopo del Paese dovrebbe essere, secondo Moglia, quello di permettere alle aziende di comprendere immediatamente come agire per la costruzione di solide reti ultrabroadband, nel rispetto della neutralità tecnologica.

A tal proposito, secondo TIM è importante considerare la rete FTTH e tutte le altre soluzioni alternative che in alcuni contesti potrebbero rivelarsi persino superiori in termini di efficienza, come ad esempio la nuova tecnologia FWA e, chiaramente, il 5G sul mobile.

L’operatore si è concentrato nella sua analisi anche sulla differenza tra coinvestimento e modello wholesale only, vale a dire quello applicato in Italia da Open Fiber.

Secondo Moglia, quest’ultimo nel codice delle comunicazioni europeo è regolamentato solo in via residuale, in quanto la sua applicazione in Europa sarebbe solo marginale e limitata a determinati ambiti di intervento. Per TIM, invece, l’esempio più virtuoso è quello di coinvestimento, come fatto con Fastweb per la nascita di Flash Fiber.

Il coinvestimento permetterebbe infatti agli operatori di creare una rete mettendo in comune le risorse finanziarie per offrire servizi ai clienti finali, con un’infrastruttura che resta comunque ben distinta, a differenza del wholesale only che sarebbe meno concorrenziale poiché doterebbe gli operatori della stessa tecnologia, secondo il parere di TIM.

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TIM
Giovanni Moglia di TIM

Per l’operatore ex monopolista, inoltre, superata la crisi attuale l’onere morale sarà quello di aumentare gli investimenti nel settore per potenziare le reti, ma i vincoli burocratici potrebbero rappresentare un muro molto difficile da abbattere, in grado di rallentare eccessivamente le dinamiche delle autorizzazioni a livello locale.

Così, anche TIM, come gli altri operatori che hanno preso la parola nel corso delle audizioni, ha evidenziato la necessità di ridurre i limiti elettromagnetici (già di gran lunga inferiori alla media europea, per consentire uno sviluppo più efficiente della rete e ottimizzare l’investimento di risorse finanziare.

A ciò dovrebbe aggiungersi, secondo Giovanni Moglia, anche un’attività più attenta da parte del Governo per il contrasto alle fake news in merito agli ipotetici effetti negativi del Coronavirus, considerate “voci senza fondamento” che rischiano di danneggiare il settore e la competitività del Paese.

Infine, sul servizio universale Moglia ha affermato che gli obiettivi di copertura non sono stati raggiunti da Open Fiber, che dopo aver vinto la gara 4 anni fa avrebbe completato solo il 16% degli obiettivi fissati entro il 2020. Per questa ragione, TIM stima un ritardo nel raggiungimento degli obiettivi del Piano BUL di almeno 3 anni, nelle migliori delle ipotesi, sottolineando ulteriormente l’efficacia di altri modelli di coinvestimento.

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