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Arnaud Roy de Puyfontaine: un presidente esecutivo di Tim al centro della querelle italo-francese

La carriera di Arnaud Roy de Puyfontaine, il presidente di Telecom Italia dal 1 giugno 2017, ha da sempre avuto a che fare con il settore dei media. Laureato nella Business School più antica del mondo, l’École Spéciale de Commerce et d’Industrie (ESCP) di Parigi e all’Harvard Business School, cominciò la scalata nel mondo dei media da “Le Figaro” come direttore della famosa regata “Solitaire de Figaro”, che già da allora era più di una semplice corsa su vela organizzata da un quotidiano.

Il trampolino di lancio dal quale de Puyfontaine sembra essersi tuffato sarebbe stato Emap France, la filiale di Emap plc (East Midlands Allied Press), una società editoriale inglese che controllava diversi magazines e che dal 2015 si chiama Ascential. Nel 2006 Emap plc inaugurò un processo di revisione del gruppo societario che partì proprio dalla vendita di Emap France, di cui de Puyfontaine era sia presidente e sia direttore generale, a Mondadori France. Fu proprio dopo la formalizzazione dell’affare che il francese subentrò a Maurizio Costa, l’allora amministratore delegato di Mondadori, nel ruolo di presidente di Mondadori France.

Contestualmente il Gruppo Mondadori gli affidò il ruolo di direttore generale dell’area digitale in tutti i paesi in cui la società editoriale operava. L’aspettativa che lo stesso Costa aveva, legata indubbiamente al nuovo ruolo di de Puyfontaine, era proprio quello di contribuire all’esportazione dei magazines di Mondadori in Francia, secondo quanto riportato da “Il Giornale.it”, “facendo leva sulle tematiche in cui la Francia e l’Italia hanno una leadership riconosciuta a livello mondiale: lifestyle, moda, design e cucina.

Il nome di Arnaud Roy de Puyfontaine è comparso tra gli esperti a cui Sarkozy si rivolse nel 2008 per fronteggiare la crisi sull’editoria in Francia. In questo studio, chiamato “Etats généraux de la presse écrite”, coordinato dagli esperti del settore e che ha convolto 140 partecipanti, de Puyfontaine è stato uno dei responsabili delle quattro macroaree di riferimento. Al tempo il francese si occupò del polo della stampa, trasporto, distribuzione e finanziamento della stampa scritta. Il progetto, durato da settembre 2008 a gennaio 2009, portò alla redazione di un libro verde contenente 90 raccomandazioni direttamente fornite al Ministero della cultura e della comunicazione francese.

Il riconoscimento delle qualità del francese giunge sin dall’altra sponda dell’Atlantico, quando nel 2009, da CEO di “The National Magazine Company”, filiale britannica del gruppo statunitense Hearst Corporation, riceve l’appellativo di “Monsieur Europe” dalla società. La conferma delle potenzialità arriva nel 2011, quando de Puyfontaine riesce ad acquistare centodue titoli pubblicati dal gruppo Lagardère in 15 paesi fuori dalla Francia. Dopo una tranquilla esperienza nel maggior gruppo editoriale scandinavo Schibsted nel 2014, de Puyfontaine entra a far parte del gruppo Vivendi.

La scelta di nominare de Puyfontaine presidente del consiglio direttivo era il tassello di una strategia più grande, ma molto complicata. La società decideva di vendere le sue partecipazioni nella telefonia fissa e mobile (vedi Maroc Telecom), compensandola con la mossa che si sarebbe rivelata vincente: la vendita di Gvt agli spagnoli di Telefonica, la cui contropartita in denaro sarebbe stata accompagnata dalla cessione dell’8,3% di Telecom Italia.

La scalata di Telecom fu accompagnata nell’estate del 2016 dalla scalata di Vivendi in Mediaset. L’accordo tra Vivendi e Mediaset prevedeva effettivamente la reciproca cessione del 3,5% di azioni delle società e la cessione totale della Paytv Mediaset Premium a Vivendi. L’accordo venne però rigettato da Vivendi che proclamò la scalata di Mediaset con ingenti investimenti che l’avrebbero portata a fine anno a detenere il 28,8% delle partecipazioni in Mediaset. Sarebbe stata la caduta del prezzo del titolo Mediaset soprattutto in virtù di tali sviluppi a permettere a Vivendi nel dicembre 2016 di acquistare le azioni della società e di garantirsi il 28,8% delle quote. Tale caso sarebbe la causa per cui il presidente Bolloré e l’amministratore delegato di Vivendi Puyfontaine sono indagati per aggiotaggio, reato che colpisce coloro che adoperando un determinato comportamento, provocano un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci o dei valori ammessi in liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato.

Dal 1° Giugno 2017 Arnaud Roy de Puyfontaine è divenuto presidente esecutivo di Telecom Italia, dopo che Vivendi ha ricevuto dalla Commissione Europea la certificazione del controllo di fatto su Telecom Italia previa però cessione della quota del 70% detenuta da quest’ultima in Persidera un operatore di multiplex digitali. Già l’Agcom ad Aprile aveva sostenuto la violazione da parte di Vivendi dell’articolo 43 comma 11 del Testo Unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici che impone un tetto ai ricavi nel sistema integrato delle comunicazioni alle imprese che superano il 40% dei ricavi del settore.

Ad aggravare la situazione è stato lo scenario presentatosi dopo la conferenza del 28 Luglio 2017, con l’inserimento nel CdA di un altro uomo legato precedentemente a Vivendi: Amos Genish.

Fresco della ripresa del controllo da parte dello stato francese dei cantieri di Saint-Nazaire dopo l’aggiudicazione dell’appalto da parte di Fincantieri, il Ministro Calenda, nonostante l’affermazione di agire senza vendicare la decisione del presidente Macron, ha aperto l’istruttoria per verificare l’obbligo di notifica delle attività di direzione e coordinamento da parte di Vivendi su Telecom e la possibilità di esercitare la i poteri della golden power che permette allo stato di blindare le società strategiche per il mercato italiano.

Mercoledì 23 Agosto 2017 Telecom Italia ha depositato la documentazione che dovrebbe provare l’inapplicabilità della golden power, ma la decisione del governo è attesa per metà settembre 2017. Già il 7 agosto Vivendi ha comunicato attraverso l’Autorité des Marches Financiers di non aver occupato una posizione dominante in nessuna delle assemblee ordinarie dei soci da giugno 2015.

In attesa della decisione del governo e in presenza delle molteplici ipotesi che si potrebbero sospettare negli esiti dell’istruttoria (tra queste la nazionalizzazione della banda larga da parte del governo che risolverebbe la diatriba con Telecom sull’installazione della banda nelle “aree bianche”), i riflettori puntano sulle dichiarazioni dello stesso Puyfontaine. Nella conferenza del 28 luglio 2017 de Puyfontaine, esprimendosi sui rapporti con il governo, aveva sostenuto che si sarebbe occupato degli interessi della società. In seguito, in un’intervista al “La Stampa” de Puyfontaine ha affermato che: “Altro che invasori: porteremo soluzioni vincenti, daremo a Tim un’agilità certo non tipica di un’ex monopolista. Tim non sarà mai francese: è e sarà una società italiana”.

Eppure pesano molto le dichiarazioni di uno dei tanti presidenti esecutivi della storia di Telecom Italia (come lo è stato Guido Rossi, deceduto il 21 Agosto u.s.) come lo è Arnaud de Puyfontaine, quando agli inizi di agosto 2017 ha dichiarato al Financial Times: “I will do whatever it takes to be part of the reinforcement of the relationship between Italy and France, because it is incredibly important what is at stake” (farò di tutto, costi quel che costi, per rafforzare le relazioni tra Italia e Francia, perché è incredibilmente importante quello che è in gioco).

Gli incidenti diplomatici e le strategie politiche tra Italia e Francia continuano e de Puyfontaine, oltre al ruolo di presidente di Telecom, dovrà rivestire i panni di conciliatore.

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