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TIM, chiamate indesiderate: Iliad potrà accedere ai documenti, arriva la sentenza del CdS

Iliad ha visto confermata la sentenza del TAR sulla controversia legata all’accesso ai documenti di TIM dopo la sanzione da 27,8 milioni di euro per condotte lesive della privacy degli utenti e campagne di telemarketing aggressive. Con la sentenza del Consiglio di Stato, la questione è stata definitivamente risolta a favore di Iliad.

Il caso è legato appunto alla sanzione del Garante Privacy da quasi 28 milioni di euro contro TIM per violazioni nelle attività di marketing, ad esempio tramite chiamate indesiderate ai non clienti.

Tra le alte cose, dal 2017 al 2019 erano pervenute centinaia di segnalazioni relative, in particolare, alla ricezione di chiamate promozionali indesiderate effettuate senza consenso o nonostante l’iscrizione delle utenze telefoniche nel Registro pubblico delle opposizioni, oppure ancora malgrado il fatto che i soggetti contattati avessero espresso alla società la volontà di non ricevere telefonate promozionali.

Dal momento che le chiamate riguardavano anche non clienti TIM, l’operatore Iliad aveva chiesto l’accesso agli atti del procedimento del Garante strettamente legati ai soli clienti, ma l’Autorità non aveva accolto la richiesta.

In primo grado, il TAR avevo consentito l’accesso agli atti, ma TIM aveva avviato un’istanza di sospensione cautelare accolta dal Consiglio di Stato. Adesso, il CdS ha deciso sul merito dei due ricorsi (riuniti) di TIM e del Garante Privacy contro Iliad per la riforma della sentenza del TAR.

Secondo il Consiglio di Stato, l’oggetto della domanda conoscitiva non sono tutti gli atti del procedimento sanzionatorio, dal momento che Iliad ha invece richiesto di poter visionare solo determinate categorie di documenti che risultano riconducibili a quel procedimento e che “possono essere strettamente necessari e strumentali a confezionare gli strumenti processuali utili a coltivare la tutela della propria posizione soggettiva nell’ambito del giudizio civile che pende dinanzi al Tribunale di Milano”.

In altri termini, se è vero che TIM ha utilizzato in maniera indebita anche dati di utenti di telefonia non appartenenti alla sua customer base, secondo il CdS l’operatore Iliad ha diritto di conoscere se tra gli utenti siano stati coinvolti anche i suoi clienti, per sottoporre l’evento al giudice civile.

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Inoltre, l’interesse all’accesso “difensivo” è garantito in questo caso dal cosiddetto “nesso di necessarietà” tra i documenti richiesti e la potenziale utilizzazione degli stessi per garantire la tutela di una posizione soggettiva. L’approccio del TAR è stato quindi ritenuto valido dal CdS soprattutto considerando che l’esecuzione della richiesta ostensiva di Iliad consisterà esclusivamente in una estrazione documentale verosimilmente agevole e rapida e che non coinvolgerà i dati personali degli utenti, come espressamente richiesto dall’azienda.

Per queste ragioni, il Consiglio di Stato si è definitivamente pronunciato sugli appelli di TIM e del Garante Privacy (ecco la sentenza completa) e, dopo averli riuniti, ha deciso di respingerli entrambi e confermare la sentenza del TAR datata 29 Ottobre 2020, compensando le spese del grado d’appello, in virtù della peculiarità della materia trattata.

Secondo quanto stabilito, il Consiglio di Stato consente quindi l’accesso, da parte di Iliad, ai documenti, nei limiti indicati dall’operatore stesso e a cura del Garante Privacy.

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