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iliad: tutti i dettagli sulla decisione del Giurì della Pubblicità sullo spot non conforme al Codice

L’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) ha dichiarato una pubblicità di Iliad non conforme al Codice, ordinandone la cessazione, con una pronuncia del 3 Dicembre 2019. Sono ora disponibili tutti i dettagli ufficiali sul caso, che ha portato a un’istanza riconvenzionale da parte di Iliad contro Wind Tre.

Come anticipato, lo spot televisivo in questione è quello recentemente presentato sulle reti Rai, Mediaset e Discovery Channel, in cui Iliad al termine usa i seguenti claim: “Quando scopri la verità non vedi altro”, “50 Giga, Minuti e SMS illimitati a 7,99 euro al mese. Per sempre. Per davvero” e “il 98% degli utenti è soddisfatto. Iliad. La Rivoluzione”.

Nella nota in basso, negli ultimi frame dello spot, è presente la dicitura:

“A condizione di uso lecito e corretto, esclusi i servizi premium. 50 GB in Italia + 4GB in Europa. Info su iliad.it. Indagine Doxa Ottobre 2019, dettagli su agcom.it. Metodo CAWI+CATI. Campione nazionale di 1000 utenti Iliad. Percentuale di intervistati che si dichiarano abbastanza/molto soddisfatti”.

Il ricorso contro la pubblicità in questione è stato inoltrato al Giurì da Wind Tre, che ritiene il messaggio atto ad accreditare Iliad agli occhi del pubblico come l’unico operatore che adotta “per sempre” e “per davvero” un comportamento corretto e trasparente nei confronti dei consumatori. In altri termini, secondo Wind Tre lo spot sarebbe in primo luogo in contrasto con l’articolo 14 poiché indurrebbe il pubblico a supporre che gli altri concorrenti non siano altrettanto trasparenti.

In secondo luogo, Wind Tre ritiene che il messaggio violerebbe il combinato disposto degli articoli 1 e 10, poiché “invocherebbe alcune delle più gravi problematiche che affliggono la società contemporanea, senza giustificazione comunicazionale, ponendo in essere un mero espediente per richiamare l’attenzione dei consumatori sull’offerta che strumentalizzerebbe, in modo gratuito e per mere finalità commerciali, temi delicati, in spregio alla sensibilità del pubblico, alimentando sentimenti negativi e di sfiducia generalizzata”.

Infine, il claim “il 98% degli utenti è soddisfatto” sarebbe smentito dal contenuto che appare nella chiusura del messaggio, in cui si specifica che in realtà il numero è il risultato di un campione di 1000 utenti e che la soddisfazione riguarda i clienti abbastanza o molto soddisfatti. Il messaggio, che invita a recarsi sul sito dell’AGCOM, non è inoltre rintracciabile nel portale in questione.

iliad pubblicità spot

Quelle fin qui esposte sono le osservazioni di Wind Tre per la pronuncia oggetto d’esame. Iliad si è difesa affermando che l’illecito denunciato in realtà non contiene alcun riferimento, neppure indiretto, alle altre compagnie concorrenti o al settore in generale:

“Il claim di verità dello spot di Iliad, da un lato, è privo di qualsiasi confronto o collegamento con altri operatori o con il mondo della telefonia e, dall’altro, è semplicemente messo in contrapposizione con generiche situazioni di falsità che, tuttavia, sono estranee al settore della telefonia”.

Con riferimento ai messaggi della pubblicità, Iliad afferma che la scena basata su un’immagine di negatività o falsità, come quella del politico truffaldino, viene usata solo per enfatizzare, a contrario, un valore positivo del bene pubblicitario, ovvero la veridicità.

L’elemento più interessante della difesa di Iliad è però probabilmente quello che riguarda il claim sulla soddisfazione dei clienti e la rilevazione statistica di Doxa.

A riguardo, Iliad afferma che il claim risulta veritiero, in quanto alla domanda “si ritiene soddisfatto di Iliad?” venivano proposte 4 possibili risposte: molto, abbastanza, poco e per nulla. Le prime due sono utilizzate per la formazione del claim, che risulterebbe dunque veritiero in quanto viene riferito a un livello di soddisfazione del cliente non necessariamente elevata.

Per quanto concerne invece il rimando alla pagina dell’AGCOM, Iliad ha ammesso la circostanza, provando però che l’assenza dello stesso “è imputabile solo a ritardi e disorganizzazioni della stessa AGCOM, a cui Iliad aveva sottoposto in anticipo il sondaggio”. In tal senso, Iliad ha fornito al Giurì degli allegati a conferma di quanto dichiarato.

Si ricorda che dopo la notizia della decisione del Giurì, Iliad aveva risposto ufficialmente con la seguente nota stampa:

“In attesa di conoscere le motivazioni della pronuncia IAP nella sua interezza, e rispetto al procedimento avviato da un competitor in merito alla nostra campagna pubblicitaria: questa pronuncia ci coglie di sorpresa in quanto adottiamo da sempre la linea della trasparenza ad ogni livello verso i nostri utenti con una comunicazione caratterizzata da toni ironici e scanzonati. Coglieremo questa occasione per chiarire ulteriormente ai nostri utenti che agiamo in totale trasparenza, nonostante le numerose azioni che i competitor mettono in atto fin dal nostro arrivo“.

Insieme alla sua difesa, Iliad ha anche inoltrato un’istanza riconvenzionale su uno spot di Wind Tre, su cui il Comitato si è riservato di pronunciarsi in futuro.

Si tratta della pubblicità del brand Tre per l’iPhone 11 ad Anticipo Zero, che rappresenterebbe la promessa di poter acquistare lo smartphone senza anticipo e senza limitazioni, sebbene le condizioni di acquisto prevedano l’anticipo zero solo nei seguenti casi: con piano tariffario Free o All-In, con le versioni da 64GB e 128GB di memoria interna, attivando un finanziamento con addebito automatico di 29 rate mensili e senza poter usufruire dell’ulteriore piano di acquisto rateale di 3.

Per queste ragioni, secondo Iliad, lo spot sarebbe in contrasto con il divieto di inganno pubblicitario sancito dall’articolo 2. Inoltre, la nota legale in basso sarebbe “completamente illeggibile per chi osserva il messaggio, di guisa che, anche se si ipotizzasse che quella nota illustra le limitazioni all’offerta, essa sarebbe comunque inidonea ad elidere l’inganno e, dunque, a far venire meno l’illecito”.

Come sopra accennato, il comitato potrebbe pronunciarsi in futuro sull’istanza riconvenzionale di Iliad. Intanto, con la pronuncia del 3 Dicembre 2019, il Giurì della Pubblicità ha accertato la violazione degli articoli 14 e 2 da parte di Iliad, ordinando la cessazione dello spot.

Iliad Pubblicità spot

Con riferimento all’articolo 14, questo stabilisce che è vietata ogni denigrazione delle attività, imprese o prodotti altrui, anche se non nominati.

Il Giurì ha deciso che il ricorso di Wind Tre è fondato, in quanto, in un mercato caratterizzato dalla presenza di pochi operatori di telefonia mobile, la pretesa di un operatore di essere l’unico in possesso di una caratteristica implica che nessun altro lo sia, secondo il messaggio decodificato dagli utenti. Nello specifico:

“Se la pretesa di unicità dell’operatore pubblicitario è riferita all’assenza, nella propria attività, di caratteristiche negative, gli utenti facilmente giungono alla conclusione che i pochi concorrenti (da loro sicuramente conosciuti anche considerata l’intensità degli sforzi pubblicitari e promozionali che caratterizzano il settore) si sono invece colpevolmente macchiati di tali comportamenti devianti”.

Così facendo, per il Giurì Iliad avrebbe dunque denigrato gli altri operatori concorrenti.

Il Giurì ha anche accertato la violazione dell’articolo 2 del Codice di Autodisciplina, che stabilisce che la comunicazione commerciale debba evitare ogni dichiarazione o rappresentazione tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l’identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti.

Su questo secondo articolo, il Giurì ha ritenuto che le note relative al numero degli utenti soddisfatti siano obiettivamente poco visibili, così come è accertato che i risultati dell’indagine Doxa non sono disponibili sul sito AGCOM.

In tal senso, se anche la responsabilità fosse dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Iliad avrebbe dovuto sincerarsi di non diffondere informazioni o messaggi obiettivamente contrari al vero. Di seguito il parere finale del Giurì sull’indagine Doxa:

“Quanto alla scarsa visibilità delle note, essa rileva non tanto in se stessa, quanto relativamente all’evidenza data all’informazione fornita circa la soddisfazione del 98 degli utenti, questa sì ben chiaramente leggibile e idonea a suggerire agli utenti l’impressione di un risultato eccezionale, che lo stesso operatore sente il bisogno di ridimensionare nelle scarsamente leggibili note in calce, le quali poi rinviano a un documento, peraltro irreperibile nel luogo indicato”.

Su queste basi, il Giurì ha dichiarato che la pubblicità non è conforme ai due articoli sopra citati, ordinandone la cessazione. Non è stata invece riscontrata nessuna violazione dell’articolo 1 sulla Lealtà della comunicazione commerciale, dell’articolo 3 sulle citazioni, prove tecniche e dati statistici, e dell’articolo 10 sulle convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona.

Con riferimento all’indagine nella sua sostanza, infatti, per il Giurì la stessa non appare ingannevolmente citata o utilizzata, al netto delle osservazioni di cui sopra. Nel frattempo iliad ha modificato lo spot come comunicato dal Giurì.

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