Telecomunicazioni

Garante Privacy sul telemarketing selvaggio: attenzione al consenso fornito inavvertitamente

Il telemarketing selvaggio e le comunicazioni commerciali via e-mail  o sms sono state oggetto di analisi nella Relazione annuale del 2018 del Garante della Privacy, il quale ha riscontrato numerose irregolarità in merito al trattamento dei dati personali.

Migliaia sono i reclami portati all’attenzione dell’Autorità che, nella sua Relazione, ha fatto luce su situazioni irregolari e violazioni di leggi europee in merito alle telefonate a fini commerciali.

Fondamentalmente, i casi segnalati sono inerenti l’ambito promozionale della telefonia e dei servizi energetici, settori nei quali operano anche numerosi call center delocalizzati fuori dal territorio nazionale per questioni giuridiche o fiscali.

Le trasgressioni riguardano anche l’oscuramento del numero del chiamante e i contatti indesiderati di utenti iscritti al Registro pubblico delle opposizioni (Rpo) oppure con numerazioni riservate e dunque non pubblicate sugli elenchi telefonici. Il Garante tende a indicare come responsabili di tali violazioni l’intera filiera: dalla compagnia che opera nel telemarketing fino all’operatore che materialmente effettua la telefonata.

La protezione dei dati personali e i diritti della persona alla tranquillità individuale costituiscono il punto focale attorno al quale si snodano le rimostranze nei confronti delle telefonate commerciali aggressive, oppure effettuate da soggetti ignoti o ad orari indesiderati.

Numerose sono state inoltre le richieste di informazioni rivolte alle società telefoniche (tra i soggetti principali dei controlli del Garante) in merito a contatti avvenuti anche in seguito all’iscrizione all’Rpo o alla richiesta di cancellazione del proprio numero di telefono dai registri di tali compagnie e dei call center. In molti casi quest’ultimo diniego è stato preso in considerazione come fosse una sospensione temporanea del consenso, contattando l’utente in presenza di nuove campagne promozionali.

Indirizzate ad utenti che non avevano fornito il proprio permesso alla trattazione dei dati personali, l’Autorità ha individuato fino a 2 milioni di telefonate promozionali e 22 milioni di sms effettuati da una singola società telefonica nell’arco di 18 mesi. Alla luce di tali violazioni sono stati presi dei provvedimenti che vietassero alla compagnia il reiteramento di tali azioni prescrivendo l’adozione di misure tecnico-organizzative per prevenire i contatti commerciali indesiderati.

Nei confronti di un’altra società, il Garante ha riscontrato invece oltre 8 milioni di telefonate, tra Gennaio 2016 e Ottobre 2017,  rivolte a 2,7 milioni di persone non inserite nelle liste di contattabilità (dunque proposte da partner commerciali) e che l’azienda non poteva garantire non fossero iscritte al Registro delle opposizioni o non avessero negato il loro consenso.

Altre irregolarità della stessa compagnia sono legate al cosiddetto “call me back” del sito web e alla profilazione. Per quando riguarda il primo, dichiarandosi online l’utente chiedeva di essere contattato, ma senza la libertà di esprimere come avrebbero dovuto essere trattati i suoi dati; la seconda prevedeva, invece, indicazioni senza un chiaro consenso preventivo della clientela, con classificazioni come: “persona anziana”, assegnata a circa un milione di persone, oppure “alto spendente” o “basso spendente” sulla base di dati approssimativi.

L’Autorità è dunque intervenuta al fine di vietare alla società di utilizzare le informazioni personali senza un dichiarato e libero consenso.

Il Garante della Privacy ricorda, tuttavia, ai suoi segnalanti di non escludere mai l’autorizzazione al trattamento dei dati fornita inavvertitamente all’operatore, nel cui interesse si è contattati, oppure a terzi tramite concorsi a premi, acquisto di beni o servizi e l’utilizzo di determinati siti web.

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